Il culto di Sant’Antonio

Il culto di Sant’Antonio

La festività di S. Antonio Abate del 17 gennaio, molto conosciuto nel mondo rurale abruzzese come “Sant’Andònie de lu purcell”, è ricca di riferimenti sociali, religiosi e antropologici.

Il culto di Sant’Antonio in Abruzzo, in Italia e nel mondo ha avuto una lunga evoluzione storica (cfr. link citati).
E’ una tradizione che riguarda tutta l’Italia; in Abruzzo ci sono molte varianti legate a tre usanze principali:  la benedizione degli animali,  la pratica questuante accompagnata dalle drammatizzazioni del Sant’Antonio da parte di gruppi, i riti dei fuochi.

Cenni storici

Sant’Antonio, come è noto, è rappresentato specie nelle immagini votive attorniato da molti animali da cortile, fra cui il maiale, definito da sempre ‘la grascia’ e la ricchezza della casa contadina. Del pingue animale infatti non si buttava nulla e le stesse setole venivano utilizzate per la confezione di pennelli da barba.

Antonio è un eremita nato a Koma in Egitto nel 251 e morto in un convento nei pressi del Mar Rosso nel 356. Di lui abbiamo una biografia redatta da un monaco dello stesso Convento, Atanasio, nella quale Sant’Antonio tutto appare fuorché protettore degli animali domestici, considerati dal Santo eremita creature del demonio che inducono in tentazione gli asceti o comunque coloro che si ritirano in luoghi deserti, più consoni ad un colloquio diretto fra l’uomo e Dio.

Signore degli animali

Ora nell’Europa occidentale questa realtà viene completamente sconvolta e Sant’Antonio diventa una specie di Signore degli animali in base ad un episodio agiografico che può essere così riassunto. Alla fine dell’XI secolo le reliquie del Santo, che nel frattempo erano state trasferite a Costantinopoli, erano state trasferite in Francia nella diocesi di Vienne. Ma non è tutto. Egli infatti organizza nell’ambito del locale convento dei Benedettini una comunità ospedaliera laica che ne accettava la Regola ed indossava una tonaca sulla quale era cucita la lettera Tau, diciannovesima dell’alfabeto greco, di color celeste, simbolo della potenza di Sant’Antonio. Sorse così nel 1297 l’ordine questuante degli Antoniani.

Le tentazioni di Sant’Antonio

Nelle case la sera del 17 gennaio i giovani questuanti intonano un “canto di questua” ed eseguono una sacra rappresentazione denominata per lo più “Le tentazioni di S. Antonio”.

Gli “attori” principali ( oltre al Santo eremita che si presenta con saio e barba molto lunga di stoppa) sono i cosiddetti “Romiti” (cioè eremiti) camuffati come S. Antonio, il diavolo (con corna e vesti rosse) ed alcune ragazze vestite da angeli. Una di esse rappresenta di norma il “diavolo tentatore” in vesti femminili.

Il culto di Sant’Antonio in Abruzzo

I canti eseguiti dal gruppo questuante vertono sui tentativi operati dal demonio per indurre il Santo al peccato o per metterne a dura prova la pazienza. I testi di tali canti  presentano di luogo in luogo vistose ‘varianti’ sia sotto il profilo musicale  che nei testi dialettali.  Alla fine è sempre S. Antonio a spuntarla ed il diavolo, malgrado le sue perfide e continue tentazioni, resta sempre sconfitto. Il bene trionfa così sul male e la vittoria del santo sul demonio diventa propiziatoria anche per la casa e pregna di rassicuranti auspici.

Il padrone ripaga il gruppo questuante con beni alimentari, oggi sostituiti per lo più da una somma di denaro.

Link di approfondimento (sono tantissimi, cito alcuni):

  1. abruzzopopolare.it
  2. archiviosonoro.org

Bibliografia minima


Bibliografia: (in allestimento)
Alfonso M. Di Nola, Il diavolo, 1980
Alfonso M. Di Nola, Gli aspetti magico – religiosi  di una cultura subalterna italiana ( Boringhieri, 1975)

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