Chiesa di San Francesco a Città Sant’Angelo

Chiesa di San Francesco a Città Sant’Angelo

La chiesa fa parte di un complesso conventuale che dal 1809 è occupato in principalmente dalla sede comunale. La costruzione si fa risalire al 1327 per opera dei monaci basiliani, passando successivamente all’ordine francescano.

Alla confraternita del Santo Rosario, invece, si debbono i lavori del 1571 che portarono alla costruzione dell’oratorio e alla costruzione di due cappelle laterali. A seguito dei terremoti del 1706 e del 1730, la chiesa poi venne totalmente ristrutturata.

La chiesa è a navata unica con la struttura muraria in mattoni. La facciata a due spioventi ospita un portale sormontato da un arco con timpano. Sulla navata destra, ornata da lesene che terminano con una cornice ad archetti ogivali su mensole in pietra, si trova un portale trecentesco attribuito a Raimondo di Poggio, che ha la funzione di ingresso principale.

All’esterno della chiesa si trova il campanile a base quadrata, che delimita la parte inferiore più antica, edificata in epoca quattrocentesca, con arcatelle in laterizio.

L’interno è caratterizzato da un pavimento a mosaico realizzato nel 1845. E’ ospitata una tela del pittore Paolo De Cecco raffigurante la Madonna del Rosario e San Domenico. (fonte)

Finanche chi non è abituato a soffermarsi di fronte a un'opera di architettura, adesso capisce quanto sia bella, nella sua purezza di mattoni e di pietre, la facciata laterale di San Francesco. E guarda e ammira l'insieme che non è più rattrappito dall'intonaco di quel cemento tanto triste, tanto inerte.
La facciata di San Francesco è del primo trecento ed è, così, l'unico esempio di architettura solenne rimasta a Città Sant'Angelo, ove di ogni espressione romanica è stato fatto scempio. La facciata di San Francesco ha in qualche punto soltanto i mattoni sgretolati. In qualche punto soltanto. Ma forse per questo risalta sempre di luce. E, ora, la nitidezza del portale che prima non appariva appieno. Ed ecco un po' di storia d'un paese che non vuol dimenticare l'eco di quel passato che tutt'ora lo nobilita. La gente, tutta la gente, è dunque presa dinanzi allo spazio che, di grado in grado, copre il suo naturale splendore e, soprattutto, la sua innocenza. Sarebbe appunto turbata, delusa, per sempre privata della Chiesa più bella in suo possesso. Perché il popolo intende con la mente e l'anima. [Francesco Di Giampietro]

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