La storia dei longobardi ha iniziato ad appassionare storici ed archeologi a partire dagli anni ’70-’80. Per lungo tempo è stata considerata una vera e propria “epoca buia”, in conseguenza della fine della civiltà romana per mano dei barbari invasori, incapaci di costruirne una nuova e di lasciare una eredità significativa[1].
La ricostruzione della presenza longobarda appare ancor oggi complessa per diversi motivi. La documentazione archeologica esistente relativa al VI e VII sec., in Abruzzo e in generale in Italia, presenta il problema della riconoscibilità etnica dei reperti archeologici, un problema legato alla presenza simultanea longobarda e bizantina e alla non riconducibilità di alcuni materiali a gruppi etnici.
L’Abruzzo, compreso nei Ducati di Spoleto e Benevento, si presenta molto problematico anche dal punto di vista dei reperti materiali attribuibili ai longobardi. Le fonti storiche attestano nel territorio la presenza longobarda, ma la cultura materiale di questo popolo si manifesta in modo diverso rispetto al resto dell’Italia. Infatti nel territorio abruzzese sono rarissimi i casi di ritrovamento di reperti cosiddetti “marcatori etnici”. In qualche caso si è fatto uso di indagini genetiche sui resti trovati nei sepolcreti.
Dai goti ai longobardi
L’ingresso dei longobardi in Italia nel 568 d.C. costituisce un avvenimento importante perché non si tratta di un semplice passaggio ma di un insediamento che si espande dapprima all’Italia settentrionale e poi anche nel meridione e che dura almeno due secoli, fino alla venuta dei Franchi.
Precedentemente al loro arrivo in Italia dominavano i Goti (493 -554 d.C.). L’Abruzzo era una regione dove la presenza gotica non era molto diffusa, anche se sono stati trovati reperti. Durante questo periodo permane una situazione di grande spaccatura tra la zona costiera e l’interno, già differenziati dall’epoca tardoantica: la costa è particolarmente sviluppata e l’entroterra è considerato marginale. Dal III secolo era iniziato un periodo di crisi che aveva portato al restringimento ed all’abbandono di numerosi abitati. Alcune zone dell’entroterra montano dell’appennino, l’urbanesimo introdotto con la romanizzazione è andata lentamente spegnendosi, nell’ambito di un generalizzato ritorno a modeste forme di abitato sparso, di lontana tradizione italica, ben più adatte all’habitat naturale.
Nel 535 l’imperatore di Costantinopoli Giustiniano I decide di riappropriarsi dei territori italiani. Ne segue la Guerra Gotica (535-553) con la riconquista di gran parte dell’Italia, Abruzzo compreso.
Durante la guerra assistiamo al passaggio degli eserciti Bizantini lungo la valle dell’Aterno, in prossimità di importanti punti strategici posti principalmente nei pressi di Peltuinum e nella valle del Raiale. Alla dominazione bizantina corrisponde la fortificazione di numerosi centri abitati quali Aternum (Pescara), Hortona (Ortona, capitale dei Bizantini in Abruzzo), Anxanum (Lanciano), Histonium (Vasto) e il ristabilirsi di contatti commerciali con numerose zone dell’oriente.
La cultura bizantina ha lasciato tracce in Abruzzo: a Crecchio (CH) ha sede il Museo dell’Abruzzo Bizantino e Altomedievale, istituito nel 1995, dove sono custodite numerose testimonianze riguardanti quel periodo.
Le conseguenze della guerra si fecero sentire sull’Italia per alcuni secoli, anche perché la popolazione, per non essere coinvolta, aveva abbandonato le città per rifugiarsi nelle campagne o sulle alture fortificate meglio protette, portando a compimento quel processo di ruralizzazione e di abbandono dei centri urbani iniziato nel III secolo[2].
L’insediarsi dei Bizantini nella regione porta ad una situazione di crisi ed abbandono di numerose zone e ad un parallelo rafforzamento di altre, utilizzate come bastioni per la difesa di aree di particolare interesse o di importanti assi viari.
L’invasione longobarda non fa che accentuare questo fenomeno portando alla fortificazione di molti di questi a fini di difesa ed alla ruralizzazione di molteplici aree con il successivo abbandono di centri minori.
L’arrivo dei Longobardi
Nel giorno di Pasqua del 568 i longobardi invadono Italia attraverso Cividale del Friuli. Si insediano nel Veneto, espandendosi poi per tutta l’Italia settentrionale. Alla loro espansione nel meridione si formano due importanti ducati, i ducati di Spoleto (570?) e di Benevento (576). Le tappe della conquista longobarda in Abruzzo saranno graduali e distribuite in un arco di tempo di alcuni decenni, fino al completo controllo della regione a metà del VII secolo.
L’espansione dei Longobardi porta inevitabilmente allo scontro con i bizantini e l’Abruzzo diventa una zona di confine, prima tra longobardi e bizantini, poi tra i due ducati. Questi ultimi avevano una notevole autonomia e la loro convivenza non è stata sempre tranquilla, come la contesa per il controllo della valle del Roveto, conclusasi a favore del ducato di Spoleto.
L’integrazione dei longobardi
A differenza dei Goti, a lungo in contatto con i Romani, i Longobardi appartengono ad un mondo culturale totalmente estraneo al mondo romano-bizantino. Con l’avanzata della Gens Langobardorum, si insedia una cultura totalmente diversa da quella delle popolazioni autoctone. La iniziale convivenza non fu facile per le grandi differenze culturali, per la violenta irruzione di questo popolo e la forte instabilità politica che portarono con il loro arrivo. Ma l’influenza dalla grande tradizione romana, con le sue leggi e con un apparato amministrativo estremamente efficiente, non poteva che trovarsi in una posizione di evidente superiorità nei confronti dei nuovi arrivati. Da qui il graduale adattamento che questa popolazione ha apportato alla sua organizzazione iniziale, modificando profondamente un’originaria aristocrazia guerriera di stampo tribale a favore di una più complessa e capillare forma di organizzazione sociale e amministrativa. Il processo di abbandono del paganesimo e la successiva cristianizzazione del popolo longobardo rappresentano in modo emblematico il processo di adattamento e convivenza. Questo adattamento, una vera e propria integrazione culturale, ha portato alla nascita di una nuova società mista, una società romano-barbarica[3].
La lunga lotta tra longobardi e bizantini nel VI sec. in Abruzzo
Dopo il 568, a seguito della stabilizzazione dei ducati di Spoleto e Benevento, le truppe longobarde si introdussero nella regione attraverso la via Salaria[4]. Il versante teramano, compresa la costa, sarà il primo a cadere nelle mani della Gens Langobardorum. L’avanzamento longobardo non è sistematico: si alternano fenomeni di distruzione ad altri, ben più rari, di stanziamento.
I Bizantini permangono in alcune enclave di minor conflitto tra le quali Aprutium (Teramo). Sulla caduta di Teramo ci sono più ipotesi. Probabilmente avverrà molto più tardi, dopo la conquista di tutta la regione da parte dei longobardi.
Sempre attraverso la via Salaria, i Longobardi irrompono nel territorio dell’Aquila, espandendosi fino al Fucino. I bizantini resistono nei pressi della via degli Abruzzi (nome dell’antica via Minucia), difendendo Sulmona.
Nel pescarese la situazione appare ben diversa. A seguito della conquista longobarda di Pinna Vestinorum, si viene a delineare una frontiera tra il versante teramano longobardo e i bizantini che controllavano l’area costiera. Gli abitati ubicati lungo itinerari antichi che collegavano Pescara a Penne e all’area vestina interna, sembrano infatti costituire fra le vallate del Pescara e del Tavo un vero e proprio asse a difesa del centro costiero che era rimasto sotto controllo bizantino, un vero e proprio cuscinetto di protezione con una serie di fortificazioni strategiche, a fronte di Pinna, Castrum Lauretum (Loreto Aprutino) nella valle del Tavo, Civitas Sancti Angeli (Città S. Angelo) ormai di dominio longobardo[5].
Nei territori del chietino i bizantini rafforzano le misure di difesa per favorire il controllo delle importanti aree portuali costiere, principali mezzi di comunicazione con l’esarcato ravennate. Assistiamo dunque ad una fortificazione intensiva dei maggiori centri, come Lanciano, Vasto ed in primis Ortona, capitale bizantina in Abruzzo, centri che conservano un assetto ispirato a quello antico.
La supremazia dei longobardi nel VII sec.
All’inizio del VII sec. i bizantini restano a sud del fiume Aterno, ma nella zona costiera. L’interesse bizantino appare mirato principalmente al controllo dei centri marittimi per assicurarsi una via di comunicazione con le altre zone in loro possesso. Le aree interne sono controllate dal ducato di Benevento, attraverso la via degli Abruzzi, fino al territorio di Sulmona.
Il dominio bizantino sulla costa non dovette protrarsi molto oltre i primi decenni del VII secolo. Ad un’occupazione protratta quanto meno sino al 649 farebbe pensare l’intervento del vescovo Viator di Ortona al concilio lateranense indetto in quell’anno da papa Martino I[6].
Nei primi decenni del VII secolo si arriva così ad una situazione di totale dominio dell’Abruzzo da parte della popolazione longobarda, con un controllo di tutte le aree a nord del fiume Aterno da parte del ducato di Spoleto (Pinna Vestinorum, Aprutium, Valva, Furcona, la Civitas Marsicana) e di tutte le aree a sud da parte del ducato di Benevento (Ortona, Vasto, Lanciano, Chieti). L’invasione da parte dei due ducati comprime da nord e sud il territorio occupato dai bizantini, costringendoli all’arretramento ed alla creazione di una linea fortificata a protezione dei centri costieri, centri che cadranno uno dopo l’altro sotto il dominio longobardo.
La conseguenza è la contrazione ed il decadimento dei centri abitati e colpisce Hatria (Atri), così come Colle Fiorano (Loreto Aprutino) e Angulum.
L’odierno Abruzzo venne suddiviso dai Longobardi in sette gastaldati: Marsi, Amiterno, Forcona, Valva, Teate, Penne e Aprutium ripartiti nel Ducato di Spoleto (la Marsica e il territorio a nord del fiume Aternum oggi Pescara) e nel Ducato di Benevento (grosso modo la provincia di Chieti). Nell’ordinamento longobardo, il gastaldato o gastaldia era una circoscrizione amministrativa governata da un funzionario della corte regia, il gastaldo o castaldo, delegato a operare in ambito civile, militare e giudiziario.
Negli anni successivi, la conversione del popolo longobardo al cattolicesimo porta alla fine dei conflitti ed una successiva integrazione con le popolazioni autoctone, con la conseguente lenta perdita di quelle caratteristiche culturali che caratterizzavano la popolazione alloctona.
Con la progressiva cristianizzazione dei Longobardi si hanno mutamenti culturali dell’aristocrazia al potere che hanno portato ad un riavvicinamento con le gerarchie ecclesiastiche locali. Il consolidamento dei rapporti con le gerarchie ecclesiastiche locali ha come conseguenza profondi mutamenti dei rituali funerari e delle correlate manifestazioni di status del popolo germanico[7].
Cosa resta dei longobardi
L’Abruzzo si presenta come una regione ricchissima di toponimi longobardi, anche se non sempre i toponimi sono attribuibili con certezza ad una presenza longobarda.
Il toponimo più ricorrente in Abruzzo è senz’altro Fara, termine atto ad indicare uno stanziamento longobardo con funzione aggregativa, militare ed esplorativa dell’area e diffuso in tutta la regione. Altri toponimi sono: Sala, Sculcola (Skulk), Gualdo-Guardia (Wald), Cafaggio (Gahagi), e sono nella maggior parte rintracciabili lungo i centri e le vie di maggiore importanza.
Il toponimo Sala indica una struttura padronale ed è presente nel teramano, nel territorio dell’Aquila e nel pescarese.
Il Toponimo Gualdo (Wald) indica lo stanziamento di gruppi di Longobardi in punti strategici della regione ed è presente in tutta la regione.
Anche il toponimo Sculcola (Skulk) indica uno stanziamento di controllo. Lo troviamo nel pescarese, nell’aquilano e nel teramano.
Il Toponimo Cafaggio (Gahagi, “terreno privato”) compare molto raramente ed è diffuso principalmente nell’aquilano.
Per quanto riguarda l’edilizia si assiste all’intenso fenomeno di riuso, attuato sin dal tardoantico, caratterizzato dal riutilizzo di ville romane ed insediamenti antichi.
L’edilizia longobarda in Abruzzo utilizza soprattutto legno e, a causa della sua deperibilità, sono pervenuti pochissimi resti[8]. Un elemento edile riconducibile ai Longobardi è il “Gafio”, una tettoia sporgente realizzata in legno.
A destra: Gafio in Legno dalla Valle Castellana (TE) – fonte
La presenza longobarda nel territorio ha favorito la nascita di nuovi insediamenti, ma con il contemporaneo abbandono di altrettanti centri. Inoltre le guerre greco-gotiche e l’invasione longobarda hanno portato alla fortificazione di numerosi centri e la creazione di altrettanti in zone d’altura a controllo delle principali via di comunicazione, con il conseguente abbandono di siti di pianura, un anticipo del processo di incastellamento che si svilupperà in Italia nei secoli X-XIII.
Paolo Diacono, nella sua Historia Langobardorum, menziona i centri longobardi di maggior importanza. Tra questi abbiamo Carsiolim, Furconam, Amiternum, la Regionem Marsorum, Pinnis, Hadria e Teate.
Probabilmente, oltre che come oggetto di uso quotidiano, il pettine entra a far parte dei corredi
funerari per il forte valore simbolico che la capigliatura ha presso alcuni popoli germanici, ed in
particolare per i goti e i longobardi. Sono stati rinvenuti i pettini sia nelle sepolture maschili che femminili, e precisamente a Iuvanum, (CH), Chieti, Corfinio (AQ), Aielli (AQ), Rosciano (PE) e Loreto Aprutino (PE).
Realizzati in osso (di bue, cavallo o maiale), corno o avorio, presentano generalmente decorazioni con motivi a cerchio, con o senza linee incise. Probabilmente, oltre che come oggetto di uso quotidiano, il pettine entra a far parte dei corredi funerari per il forte valore simbolico che la capigliatura ha presso alcuni popoli germanici, ed in particolare per i goti e i longobardi. Nella cultura germanica il pettine aveva un valore magico legato alla proprietà dei capelli di continuare a crescere anche dopo la morte; era inoltre segno di distinzione sociale.
Le necropoli hanno restituito anche fibbie e fibule; altri oggetti di oreficeria rinvenuti in Abruzzo sono orecchini, collane, pendagli.
Sopravvivono anche dei riti d’importazione longobarda come la festa delle Farchie di Fara, toponimi e chiese dedicate al culto di San Michele arcangelo, il santo patrono dei Longobardi, come Sant’Angelo in Vetuli presso Sulmona, Civitella del Tronto nonché le prime parrocchie dei villaggi di fondazione longobarda, quali Sant’Angelo del Pesco, Città Sant’Angelo, Atessa, Lanciano, Mosciano Sant’Angelo, la chiesa di San Michele a San Vittorino dell’Aquila.
Un altro esempio che viene attribuito alla presenza bizantino-longobarda in Abruzzo è dato anche dal “castello Bacucco”, ad Arsita in provincia di Teramo. Sulla cima del paese sorge un palazzo settecentesco con mura medievale, che in origine era il “castello Bacucco”, sotto la giurisdizione del castello di Bisenti.
Altra importante testimonianza della presenza longobarda nel chietino è il “torrione”, detto “Torre Orsini” di Guardiagrele.
L’archeologo Staffa parla di una possibile origine longobarda per alcune singolari tradizioni in Abruzzo: dai culti di san Barbato a Pollutri e san Panfilo a Sulmona alla Corsa degli Zingari a Pacentro[9].
Il ruolo dei ducati di Spoleto e Benevento
In età altomedievale, ai domini longobardi dell’Italia settentrionale e dell’attuale Toscana (Ducato di Tuscia) veniva dato il nome di Langobardia Maior. Era ripartita in numerosi ducati e includeva la capitale del regno dei Longobardi, Pavia. Nel 774 entrò a far parte dell’Impero carolingio.
I ducati di Spoleto e di Benevento costituivano la Langobardia Minor. La storiografia più recente tende a posticipare le date di formazione dei ducati e ritiene che all’origine della dominazione longobarda nell’Italia centrale non vi sarebbe stata una regolare discesa di truppe guidate dal re Alboino ma l’opera di mercenari longobardi che avevano combattuto nell’esercito bizantino e che durante la guerra gotica erano stati utilizzati nelle regioni dell’Appennino Centrale. Oggi si ritiene che il ducato di Spoleto sia stato fondato nel 576, nello stesso tempo del ducato di Benevento, ma, in quest’ultimo, i longobardi sono arrivati solo nel 590.
I due ducati in realtà erano autonomi, quasi due stati nello stato. Infatti il re non interferiva nella successione di questi duchi che avveniva col solo consenso dei pretendenti; i duchi partecipavano alla stesura delle leggi, ma in queste non si fa quasi mai menzione dei ducati; sono avvenuti conflitti tra i due ducati e tra questi e il re di Pavia.
Il confine dei due stati era costituito dal fiume Aterno e dalla Marsica; nell’851 il ducato di Benevento, dopo anni di lotte, fu ridimensionato dall’imperatore Ludovico II e il ducato di Spoleto si estese fino al fiume Sangro.
Il Ducato di Spoleto sopravvisse a lungo dopo la caduta del Regno longobardo (774), passando sotto il controllo dei Franchi prima e della nobiltà pontificia poi, fino al 1198; il dominio beneventano rimase l’unico dei territori longobardi a mantenere la propria indipendenza fino alla conquista normanna del 1053 e fu ceduto allo Stato della Chiesa nel 1077.
Conclusioni
Le fonti storiche disponibili e i numerosi nuovi dati archeologici ci vanno restituendo un quadro di una sostanziale sopravvivenza sin in epoca molto tarda (fine VI secolo-VII secolo), ben successiva a quanto sinora ritenuto, di presidi bizantini anche nelle aree interne oltre che in quelle costiere, con il venir meno alla fine del secolo (595) dei collegamenti viari ancora superstiti in queste aree fra Adriatico e Tirreno, ed il successivo lento ritiro delle forze imperiali ridottesi nei primi decenni di VII secolo a controllare soli pochi centri della costa (Aternum, Hortona, Anxanum, Histonium, Larinum), sino al definitivo venir meno di ogni presenza bizantina nella zona dopo la metà del VII secolo.
La conquista longobarda in Abruzzo dunque si presenta prima un evento devastante e distruttivo, che tocca tuttavia in tal modo solo le aree interne della regione e parte di quelle costiere, poi una progressiva riorganizzazione del preesistente quadro insediativo d’epoca tardoantica che giunge a riassorbire – particolarmente lungo le coste dell’area pescarese e chietina rimaste più a lungo bizantine – larghi tratti di quella che era stata la riorganizzazione territoriale definitasi anche in tali ambiti già nel tardo VI secolo. Una vicenda storica che, oltre a riassumere evidenti forme di continuità dall’organizzazione territoriale tardoantica, porta, nel suo diramarsi talvolta disorganico e non sempre omogeneo sul territorio, al riemergere di antichi aspetti ed equilibri risalenti ad epoca ben precedente il periodo romano, segnando così lo sviluppo di quelli che divengono poi i caratteri distintivi dell’Abruzzo medievale e moderno[10].
Fonti storiche
Non esistono fonti storiche particolarmente ricche di dati sui longobardi: alcune Lettere e i Dialogi di Gregorio Magno (590-604), molto critico, e l’Historia Langobardorum di Paolo Diacono (VIII sec.)
Riferimenti
Alessandro Rubei, Analisi sulla presenza longobarda in Abruzzo nei secoli VI-VIII, Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, 2017
Marzia Tornese, Presenze alloctone nell’Italia centrale: tempi, modalità e forme dell’organizzazione territoriale nell’Abruzzo altomedievale, Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, 2009
Staffa, I longobardi in Abruzzo (secc VI-VII), in L’Italia centro-settentrionale in età longobarda, a cura di Lidia Paroli, 1995
Staffa, Una terra di frontiera: Abruzzo e Molise fra VI e VII secolo, in Città, castelli, campagne (secoli VI-VII), a cura di Gian Pietro Brogiolo, 1994
Staffa, Bizantini e longobardi tra Abruzzo e Molise, in I beni culturali del Molise – il Medioevo, a cura di Gianfranco De Benedittis, Isernia. 2004
Staffa, I longobardi nell’Abruzzo adriatico fra VI e VII secolo, in I longobardi del sud, a cura di Giuseppe Roma, 2010
I Longobardi e la storia. Un percorso attraverso le fonti, A cura di Francesco Lo Monaco e Francesco Mores, Roma, Viella 2012
Bibliografia
La bibliografia è molto ampia; per evitare ripetizioni si fa riferimento a quella presente nei testi di riferimento.
Video
Video Alessandro Barbero – I Longobardi
[1] Claudio Azzara, I Longobardi nella storia d’Italia, in Un ponte tra il Mediterraneo e il Nord Europa: la Lombardia nel primo millennio, Pearson Italia, 2021, pag.155 – cfr Stefano Gasparri, La storiografia italiana e i secoli bui: l’esempio dei Longobardi, in “Dimensões. Revista de História da UFES”, n. 32 (2014) ⇑
[2] Staffa, Paesaggi ed insediamenti rurali dell’Abruzzo adriatico fra Tardoantico ed Altomedioevo, in Paesaggi ed insediamenti rurali in Italia meridionale tra tardoantico e altomedioevale, a cura di Giuliano Volpe e Maria Turchiano, Foggia, 2003 – ⇑
[3] Alessandro Rubei, Analisi sulla presenza longobarda in Abruzzo nei secoli VI-VIII, Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, 2017, pag. 2 – ⇑
[4] Sandro Zenodocchio, Antica viabilità in Abruzzo, Rea edizione, 2008, pag. 117 – ⇑
[5] A.R. STAFFA, La bassa Valle del Fiume Pescara fra tarda antichità ed alto-medioevo, in Medioevo nelle Valli, a cura di Federico marazzi Chiara Raimondo, Catanzaro, 2019 – ⇑
[6] A.R. STAFFA – W. PELLEGRINI, Dall’Egitto Copto all’Abruzzo Bizantino: I Bizantini in Abruzzo (secc. VI-VII), Catalogo della Mostra, Crecchio, 1993 – ⇑
[7] Andrea R. Staffa * Simona Pannuzi Una fonte per la ricostruzione del quadro insediativo e del paesaggio nell’alto medioevo: presenze monastiche nell’Abruzzo Teramano, in Archeologia Medievale XXVI, 1999 – ⇑
[8] Staffa, Forme di abitato altomedioevale in Abruzzo, in Edilizia residenziale tra V e VIII sec., Lecco, 1993 – ⇑
[9] Staffa, Una possibile origine longobarda per alcune singolari tradizioni in Abruzzo: dai culti di san Barbato a Pollutri e san Panfilo a Sulmona alla Corsa degli Zingari a Pacentro, in VIII congresso nazionale di archeologia medioevale, vol. II, Matera, 2018 – ⇑
[10] Staffa, I longobardi nell’Abruzzo adriatico fra VI e VII secolo, in I longobardi del sud, a cura di Giuseppe Roma, 2010, pag. 227 – ⇑