Abbazia di Santa Maria di Casanova

Abbazia di Santa Maria di Casanova

Della potente e ricca Abbazia di Santa Maria di Casanova non rimangono oggi che rovine, a pochi chilometri dall’abitato di Villa Celiera, seminascoste dalla fitta vegetazione che rigogliosa riconquista il terreno alla natura, soggiogata un tempo con sapiente maestria dai monaci cistercensi. L’abbazia fu il primo insediamento cistercense in Abruzzo fondato, per volere della contessa Margherita di Loreto Aprutino nel 1191, quale filiazione del monastero dei SS. Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane di Roma. Per volontà dei Papi Innocenzo III, Onorio III, Gregorio IX e Alessandro IV, l’influenza dell’abbazia si estese anche fuori dell’Abruzzo attraverso le filiazioni dell’abbazia di Ripalta presso San Severo nel 1201, San Pastore presso Greccio, in provincia di Rieti nel 1218, Santo Spirito d’Ocre nel 1248, Santa Maria delle Tremiti nel 1237 e San Bartolomeo a Carpineto della Nora nel 1258.

L’inizio della commenda, nel XIV secolo, segnò l’avvio di un lento declino per l’ Abbazia di Santa Maria di Casanova, che nel 1368 venne affidata ai Celestini. Dai cinquecento monaci che la abitavano nel XIII, si arriverà nel XVII a contarne solo nove! Casanova continuerà a possedere una ricca biblioteca; celebri i codici minati dall’abate Erimondo, che furono portati a Milano, dove ancora oggi sono conservati presso la Biblioteca Ambrosiana, dal cardinale Federico Borromeo, commendatario dell’abbazia tra il 1586 ed il 1631. Nel 1807, con la soppressione degli ordini religiosi da parte di Napoleone, l’abbazia verrà abbandonata. (fonte)

Tra i suoi Abati e Commendatari citiamo Gaspare Colonna (Cameriere Segreto di Papa Martino V), Giovanni Orsini (Arcivescovo di Trani), Francesco Piccolomini (futuro Papa Pio III), Pompeo Colonna (Cardinale), Federico Borromeo (Cardinale Ambrosiano), Nicolò Caracciolo (Cardinale). (fonte)

Il convento, già danneggiato, è raffigurato in vignette da Edward Lear nel XIX secolo nel suo Viaggio in Abruzzo.

Tra i ruderi dell’abbazia emerge la torre di difesa a base quadrata ed in pietra che, nonostante i crolli e l’evidente disfacimento, conserva ancora le strutture fino al terzo livello. Rimane evidente la traccia del chiostro con al centro il pozzo e si conserva parzialmente la sala capitolare con gli archi a tutto sesto di copertura. Più difficile è individuare gli altri ambienti del monastero. Della chiesa è visibile un tratto della facciata e delle pareti perimetrali, mentre è crollata la volta che ancora il Gavini aveva potuto osservare agli inizi del Novecento. (fonte)

abbazia santa maria casanova
immagine dal sito https://wwwvoltignolandsitba6e9.zapwp.com/q:intelligent/r:0/wp:1/w:1/u:https://www.voltignolands.it/wp-content/uploads/2022/11/abbazia_santa_maria_casanova.jpg

Tra i ruderi di Santa Maria di Casanova sono molte le parti ancora riconoscibili: oltre alla torre e ad alcuni tratti delle mura difensive, tra i rovi si possono individuare gli edifici più importanti del complesso abbaziale come il chiostro, la sala capitolare, il refettorio e naturalmente la chiesa.

Proprio su quest’ultima concentriamo la nostra attenzione. Dalla lettura del rilievo attuale emerge un piccolo ambiente a navata unica e voltato probabilmente a botte. Sappiamo però che la chiesa e gli ambienti attorno al chiostro furono modificati tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo. È quindi molto interessante confrontare i ruderi con un rilievo effettuato nel 1595 e conservato alla Ambrosiana di Milano. [Una ricostruzione grafica della configurazione originale si trova qui.]

La chiesa si presentava allora a croce latina, con abside piatta e transetto senza cappelle; la parte destra di quest’ultimo, con la scala di accesso ai dormitori, era chiusa ma doveva essersi trattato di un intervento successivo alla costruzione originaria. 11 corpo centrale era a tre navate e cinque campate di cui la prima ad un livello più basso, visti i gradini che la separavano dalle altre.

Le modifiche della fine del ‘600 ridussero la chiesa alla parte presbiteriale e alle ultime due campate, chiudendo le navatelle laterali ridotte a passaggi. La pianta cinquecentesca confermerebbe le ipotesi di una Casanova a tre navate, avanzate dal Mezzanotte e dai suoi collaboratori. Questi sostenevano anche l’esistenza di due cappelle voltate a botte ai lati dell’abside ma dalla pianta milanese sono difficilmente riconoscibili forse perché già modificate nel ‘400, quando era stata anche aggiunta la sacrestia. Un’ultima questione riguarda la copertura della chiesa che può essere solo ipotizzata: probabilmente Santa Maria di Casanova ebbe una volta a botte acuta che copri l’ambiente principale e volte a tutto sesto per il transetto e per le cappelle absidali. (fonte)

Federico II e i cistercensi

Sulla questione della supposta predilezione per i Cistercensi da parte dello Svevo (e dei suoi predecessori normanni), hanno dibattuto rinomate personalità constatando che l’Ordine, citando Theo Költzer, «non partecipò come istituzione all’esercizio del potere regio, ma soltanto attraverso singoli personaggi».
Nel medesimo anno 1222 della donazione ocrese, l’imperatore inviò alla badia di Santa Maria di Casanova un privilegio, anch’esso ricolmo di ogni encomio, col quale il re si propone di «aiutare amicos qui in tabernacula eterna recipiant». Il documento confermò all’abate Bartolomeo alcuni benefici già concessi dai fondatori del cenobio, i conti di Loreto Aprutino. I monaci godettero del permesso di concludere transazioni economiche, di far pascolare bestiame sulle terre del demanio montano e marino, di raccogliere ghiande e legname, nonché dell’esenzione dal servizio feudale e dalle taglie di conti, baroni e baiuli.
Nel testo si fece menzione della proprietà di otto grange distribuite da Campo Imperatore alle porte di Lucera, dei pascoli di Ferraria, delle saline presso Pescara, di terre e acque vicino il Fucino; una ricca dote accumulata nel corso di circa venticinque anni. In aggiunta sappiamo che già nel 1201 il chiostro pennese aveva eretto una prima filiazione a Ripalta, nel foggiano. Il carattere transregionale di Santa Maria di Casanova fu rimarcato, durante i decenni seguenti, dall’azione dei riformatori inviati ai monasteri di Santa Maria di Calena, San Giovanni in Lamis, San Bartolomeo di Carbonara e per sino della prestigiosa abbazia benedettina di Santa Maria di Pulsano, tutte in area garganica. Dal 1231 è ricordata una grangia di Casanova a San Bartolomeo de Saccione presso Larino e negli anni Cinquanta furono create le fondazioni di Castel Grande, nella diocesi teatina, e San Vito de Piscaria al passo di Forca di Penne. Ancora, nel 1236, i religiosi di Casanova s’insedieranno in Santa Maria alle isole Tremiti.
Insomma, nella prima metà del XIII secolo, Casanova fu un’eminenza economica dai confini con la Sabina, dove creò nel 1236 il cenobio di San Matteo presso Rieti, fino al Gargano, detentrice di floride masserizie in ogni parte dell’Abruzzo interno e marittimo, da Penne a Vasto, a Chieti, e altresì di saline in territorio sipontino. Tale accentramento di fondi nelle mani di un singolo ente religioso fu alla base del riordinamento in epoca sveva del cosiddetto Regio (o Magno) Tratturo, percorso formato da pasturi montani che con sentiva la transumanza, e dunque l’uso continuo di pascoli adeguati secondo la
stagione, tra il settore meridionale del Gran Sasso e il Tavoliere, fondamentale percorso
nel sistema d’allevamento del Mezzogiorno adriatico sin dall’età romana. (fonte)
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Bibliografia
A. MONACI, Notizie e documenti per l’abbazia di Casanova nell’Abruzzo, Roma 1894;
R. GIANNANGELI, L’abbazia cistercense di S. Maria di Casanova, L’Aquila 1984;
Giampiero Profico e Duilio Brandimarte, L’abbazia cistercense di S. Maria di Casanova, Villa Celiera (Pe), Cospes, 1997;
Contributi per una storia dell’Abruzzo adriatico nel Medioevo, a cura di Roberto
Paciocco e Luigi Pellegrini, Chieti 1992

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